«Il 31 ottobre un pastore giarrese,
mentre faceva pascolare il proprio gregge nella “vigna del principe, nella zona
Jungo” – a quel tempo lembo estremo della immediata periferia di Giarre, oggi
popoloso quartiere – fu attirato da un fortissimo odore nauseabondo. Pensando
provenisse dalle carcasse di alcune sue pecore smarrite giorni prima, si mise a
cercarle. Poco distante, sotto una pianta di limone a ridosso di un muretto,
trovò i corpi di due giovani. Erano in avanzato stato di putrefazione, distesi
a terra, mano nella mano».
Il 31 ottobre è una data che a Giarre
andrebbe ogni anno ufficialmente ricordata: il 31 ottobre 1980 furono, infatti, rinvenuti, senza
vita, i corpi di Antonio Galatola, di 15 anni, e Giorgio Agatino, di
25 anni, due giovani omosessuali che nel contesto sociale del tempo non
potevano vivere liberamente il loro orientamento sessuale. Questa tragedia
suscitò un movimento di indignazione in tutta Italia che portò, due mesi dopo,
alla nascita dell’Arcigay a Palermo, organizzazione poi diffusasi in tutto il Paese.
Allora come ora su questa vicenda non
hanno ancora preso piena consapevolezza gli abitanti di Giarre, per questo
appare molto utile il lavoro di ricostruzione della vicenda fatto da Mario
Cateno Cavallaro, funzionario comunale autore di diverse pubblicazioni di
storia locale. Il testo dedicato a Toni e Giorgio (che si può trovare anche nella biblioteca comunale) si intitola “1980 I
fatti di Giarre Il delitto di due giovani gay”. Raccoglie gli articoli
pubblicati su questa storia sui giornali dell’epoca ed ha il pregio di essere
scritta da un giarrese che può raccontare l’atmosfera del periodo avendola
vissuta. Nell’introduzione l’autore riporta alcuni ricordi: «La

società
dell’epoca – con il suo moralismo – non gradiva che si uscisse fuori dai canoni
imperanti ed imposti da secoli di perbenismo. Ma la vita vissuta non riusciva –
e non riesce – a farsi ingabbiare da schemi precostituiti e consolidati. Giarre
non faceva eccezione. In quel periodo in città ancora non si parlava
apertamente di separazioni di sposi o di convivenze al di fuori del matrimonio.
Ma c’erano. Poche, ma c’erano. Si faceva ricorso alla “fuitina” per riparare
agli incidenti di percorso tra giovani fidanzati. Addirittura c’era (un caso di
cui venni a conoscenza per caso) una specie di poligamia di fatto: un tizio
viveva con la moglie e nella stessa casa con un’altra donna».
Nel 1980, quando ancora i giornali erano
le principali fonti di informazione, la stampa dedicò vari articoli su questo
duplice omicidio, un giallo che possiamo dire, dopo 31 anni, è rimasto
insoluto. Come siano andate davvero le cose, chi ha veramente premuto il
grilletto forse non si saprà mai. Anche all’epoca la versione del minorenne che
si autoaccusò dell’omicidio non convinse.
In un articolo del Corriere della Sera del
2 novembre è però chiaro il mandante: «Giarre è spietata con gli
omosessuali, li discrimina, li addita alla pubblica condanna». Ripercorrere
questa vicenda può servire per riflettere sull’oggi: sono stati fatti passi
avanti nella comprensione dell’altro e nella sua accettazione per quello che è,
senza discriminazioni? Cavallaro ricorda che nel 1980 la parola “omosessuale”
era bandita nell’uso comune «Ma gli omosessuali c’erano – scrive -. Pochi?
Certo. I più coprivano la loro omosessualità in un matrimonio di facciata. E’
difficile dire se un fatto luttuoso così grave sia stato in grado di scuotere
gli animi dei giarresi».
Ancora oggi è difficile dirlo.
Maria Gabriella Leonardi