venerdì 29 ottobre 2021

Una pubblicazione di Mario C.Cavallaro ripercorre la vicenda del "Delitto di Giarre"

 

«Il 31 ottobre un pastore giarrese, mentre faceva pascolare il proprio gregge nella “vigna del principe, nella zona Jungo” – a quel tempo lembo estremo della immediata periferia di Giarre, oggi popoloso quartiere – fu attirato da un fortissimo odore nauseabondo. Pensando provenisse dalle carcasse di alcune sue pecore smarrite giorni prima, si mise a cercarle. Poco distante, sotto una pianta di limone a ridosso di un muretto, trovò i corpi di due giovani. Erano in avanzato stato di putrefazione, distesi a terra, mano nella mano».

Il 31 ottobre è una data che a Giarre andrebbe ogni anno ufficialmente ricordata: il 31 ottobre 1980 furono, infatti, rinvenuti, senza vita, i corpi di Antonio Galatola, di 15 anni, e Giorgio Agatino, di 25 anni, due giovani omosessuali che nel contesto sociale del tempo non potevano vivere liberamente il loro orientamento sessuale. Questa tragedia suscitò un movimento di indignazione in tutta Italia che portò, due mesi dopo, alla nascita dell’Arcigay a Palermo, organizzazione poi diffusasi in tutto il Paese.

Allora come ora su questa vicenda non hanno ancora preso piena consapevolezza gli abitanti di Giarre, per questo appare molto utile il lavoro di ricostruzione della vicenda fatto da Mario Cateno Cavallaro, funzionario comunale autore di diverse pubblicazioni di storia locale. Il testo dedicato a Toni e Giorgio (che si può trovare anche nella biblioteca comunale) si intitola “1980 I fatti di Giarre Il delitto di due giovani gay”. Raccoglie gli articoli pubblicati su questa storia sui giornali dell’epoca ed ha il pregio di essere scritta da un giarrese che può raccontare l’atmosfera del periodo avendola vissuta. Nell’introduzione l’autore riporta alcuni ricordi: «La

società dell’epoca – con il suo moralismo – non gradiva che si uscisse fuori dai canoni imperanti ed imposti da secoli di perbenismo. Ma la vita vissuta non riusciva – e non riesce – a farsi ingabbiare da schemi precostituiti e consolidati. Giarre non faceva eccezione. In quel periodo in città ancora non si parlava apertamente di separazioni di sposi o di convivenze al di fuori del matrimonio. Ma c’erano. Poche, ma c’erano. Si faceva ricorso alla “fuitina” per riparare agli incidenti di percorso tra giovani fidanzati. Addirittura c’era (un caso di cui venni a conoscenza per caso) una specie di poligamia di fatto: un tizio viveva con la moglie e nella stessa casa con un’altra donna».

Nel 1980, quando ancora i giornali erano le principali fonti di informazione, la stampa dedicò vari articoli su questo duplice omicidio, un giallo che possiamo dire, dopo 31 anni, è rimasto insoluto. Come siano andate davvero le cose, chi ha veramente premuto il grilletto forse non si saprà mai. Anche all’epoca la versione del minorenne che si autoaccusò dell’omicidio non convinse.

In un articolo del Corriere della Sera del 2 novembre è però chiaro il mandante: «Giarre è spietata con gli omosessuali, li discrimina, li addita alla pubblica condanna». Ripercorrere questa vicenda può servire per riflettere sull’oggi: sono stati fatti passi avanti nella comprensione dell’altro e nella sua accettazione per quello che è, senza discriminazioni? Cavallaro ricorda che nel 1980 la parola “omosessuale” era bandita nell’uso comune «Ma gli omosessuali c’erano – scrive -. Pochi? Certo. I più coprivano la loro omosessualità in un matrimonio di facciata. E’ difficile dire se un fatto luttuoso così grave sia stato in grado di scuotere gli animi dei giarresi».

Ancora oggi è difficile dirlo.

Maria Gabriella Leonardi

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